mercoledì 24 febbraio 2016

"Il giorno della civetta"


Si può aggiungere qualcosa a "Il giorno della civetta" (1961) di Leonardo Sciascia (1921-1989)? Credo di no. Però di mafia si può parlare, e ancor più si deve parlare di Meridione. Gli osservatori stranieri si chiedono da decenni come sia possibile che la criminalità organizzata sia così forte in Italia, si chiami mafia, 'ndrangheta, camorra, sacra corona unita o basilischi. Una spiegazione c’è... ma è paradossale. Sin dalle sue origini la mafia - useremo qui la mafia a mo’ di metonimia per tutte le altre organizzazioni criminali di stampo meridionale - si è caratterizzata per la sua natura statuale antisistema. Lasciamo agli storici analizzare a fondo la questione del brigantaggio, strettamente connessa con l’affermazione della mafia al Sud, ma certamente essa è emersa al pari dello Stato moderno, forse precedendolo, e parallelamente allo Stato sovrano. Il paradosso italiano sta quindi nella simultanea presenza di due apparati statali sul medesimo territorio geografico, e tale paradosso non si riduce alla tesi spesso utilizzata da molti giornalisti e politici: essi hanno infatti imputato allo Stato, - o meglio, alla sua assenza - il predominio della mafia in determinati luoghi. Paradossalmente, ancora una volta, in città come Napoli, Bari, Palermo, Caserta, Foggia, Reggio, Catania, e nei rispettivi hinterland, vi sono più istituzioni che altrove, come se lo Stato volesse colmare la sua assenza rispondendo semplicemente all'appello. E, al pari di un apparato statale, anche la mafia s’è legittimata sul territorio con strutture proprie, e codesta legittimazione ha creato negli anni una sorta di fedeltà dei cittadini verso di essa. Per combattere la mafia restano due soluzioni: dichiararle guerra, e il metodo brasiliano nelle favelas è piuttosto emblematico, oppure accontentarsi di un patto di non belligeranza, come quello che fu stretto negli anni Novanta. Controproducente la prima, immorale la seconda. Fin qui nulla di nuovo è stato detto. Ancor più paradossale appare dunque la scelta politica antimafiosa. Partendo dall’assunto che, combattendo la mafia, si parteggia implicitamente per lo Stato, è ridicolo constatare che buona parte dell’extraparlamentarismo di sinistra - oggi meno di ieri, questo almeno va precisato - abbia appoggiato la causa antimafiosa mentre era già apertamente in guerra con le istituzioni repubblicane, accusate d’esser fasciste, conservatrici, reazionarie, repressive, clericali. Questi errori di prospettiva commessi in passato dal Pci, sommati alla maliziosa connivenza della Dc, hanno lasciato intatto il dominio della mafia sulla sua terra. Una terra che oggi non è Italia. A parole la mafia la combattiamo tutti, seduti su poltrone e sofa, ai tavoli dei ristoranti, durante i girotondi e le fiaccolate, via radio, via cavo, via web. La combatto persino io, dietro la tastiera d'un computer. Ditemi voi se questa non è serietà!

Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta, Adelphi, Milano, 1993, pp. 117.

Nessun commento:

Posta un commento