lunedì 16 febbraio 2015

"Sotto il nome del cardinale"


L’ingiustizia esiste da sempre e sempre esisterà. È una delle prime lezioni che si impartisce ai bambini. Ma l’ingiustizia è ancor più ingiusta quando la vittima è indifesa e non può porre umano rimedio al male ricevuto se non ammettendo colpe che non ha. Questa è la storia del religioso Giuseppe Ripamonti (1573-1643), grandissimo storico presso la curia ambrosiana del XVII secolo; è al contempo la storia di Federico Borromeo (1564-1631), munifico cardinale nonché arcivescovo di Milano, creatore della eccezionale Biblioteca Ambrosiana. Il primo è la vittima, il secondo il carnefice. Il Borromeo che fuoriesce dalle pagine di "Sotto il nome del cardinale" è un uomo tanto magnifico quanto avido di fama. Nel dettagliato saggio di Edgardo Franzosini (1952), che va a pescare in missive, documenti e saggi storici, viene raccontata una vicenda brutta e misconosciuta, che mette in dubbio molti meriti del cardinale manzoniano, primo fra tutti quello di latinista. Dallo studio di Franzosini si evince che molti degli scritti latini dell’arcivescovo erano in realtà frutto del lavoro di Ripamonti, il quale, pur di concludere la pesantissima esperienza carceraria a cui Borromeo l’aveva costretto - accusandolo di eresia, cattive frequentazioni e sodomia -, firmò la rinuncia ad appellarsi presso il papa per rivendicare i diritti d’autore sulla "Historia ecclesiae Mediolanensis", che Borromeo aveva usurpato apponendovi la propria firma, ammettendo il Ripamonti di aver svolto la mansione di semplice copista, oggi diremmo ghostwriter. Raccontata così, questa storia sembra una baruffa tra intellettuali, una prevaricazione dell’incolto potente sul debole dotto ai tempi della santa inquisizione, ma nelle pagine del libro l’ingiustizia subita da Ripamonti assume i tratti caratteristici del potere che non ammette interferenze al proprio status quo. È curioso come nelle stesse carceri in cui fu rinchiuso lo storico brianzolo albergherà contemporaneamente anche Marianna de Leyva (1575-1650), la celeberrima Monaca di Monza, altro personaggio chiave de "I promessi sposi" (1827). La fama del Ripamonti tornerà a splendere dopo la morte del cardinale e il riconoscimento della sua opera - il "De peste" (1640) su tutte - ma quella del Borromeo è ancora lungi dal venir ammaccata.

Edgardo Franzosini (2013), Sotto il nome del cardinale, Adelphi, Milano, pp. 169

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