giovedì 25 giugno 2015

"Un posto piccolo"


Jamaica Kincaid (1949) è una scrittrice, e pure brava, con all’attivo quasi venti libri. Non solo. Jamaica Kincaid è nata a Saint John’s, capitale di Antigua e Barbuda, uno di quegli stati insulari delle Piccole Antille che piacciono tanto agli italiani per trascorrerci la luna di miele o per organizzare presunte importantissime convention di lavoro che finiscono perlopiù a puttane, nel senso letterale del termine - la certezza dell’irresponsabilità è forse il miglior afrodisiaco in circolazione. Anche questo è uno dei motivi per cui Jamaica Kincaid odia i turisti, ovviamente bianchi, ed io convengo con lei. Jamaica Kincaid dice che Antigua, che appare così bella, soleggiata e felice, è in realtà una terra arida e preda della siccità, governata da ladri, spacciatori, speculatori e trafficanti d’ogni risma, e non è difficile crederle poiché la corruzione è un male endemico di questo pianeta, tanto che, più ci si sposta a meridione, più il tumore sembra inasportabile. Non è razzismo dire che la corruzione è direttamente proporzionale alla scala cromatica della pelle. Dirò di più. Jamaica Kincaid, tra i bianchi, odia soprattutto gli europei, perché sono stati loro a scoprire, dominare e colonizzare la sua isola beata, facendone un porto di attracco, scambio e vendita di schiavi africani. Sulla mercificazione umana e sulla sua industrializzazione a livello atlantico siamo tutti d’accordo: solo gli stupidi potrebbero pensarla diversamente dal sentire comune, ovvero dal provare vergogna per ciò che è stato dal XVI al XIX secolo. Insomma, Jamaica Kincaid ha ragione un po’ su tutto nel risentito "Un posto piccolo" (1988), ma sembra proprio che abbia commesso un imperdonabile errore. Nelle pagine del suo libello non v’è una sola riga su ciò che Antigua fosse prima dell’arrivo di Cristoforo Colombo. La Kincaid sembra credere nell’esistenza di un Eden caraibico improvvisamente sconvolto e massacrato dai rozzi e imbellettati uomini ricchi d’occidente: prima del 1493 Antigua è un paradiso, dopo quell’anno sarà un inferno. Ecco, questo è "Un posto piccolo", un libriccino interessantissimo che svuota di senso ogni luogo comune sulle mete esotiche e sul valore del turismo. Ma, al contempo, è un libro che punta il dito esclusivamente verso noi europei razza bianca dominatrice, ma nulla imputa al popolo nativo, se non quello di essersi lasciati soggiogare dai miti neoliberali e pseudodemocratici. La verità è che se non ci fosse stato Colombo, molto probabilmente non sarebbe mai nata una Jamaica Kincaid: questo è un dato di fatto che la nostra brava scrittice deve tenere a mente, anche se il pensiero le causa bruciori.

Jamaica Kincaid (2000), Un posto piccolo, trad. di F. Cavagnoli, Adelphi, Milano, pp. 83

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