giovedì 11 giugno 2015

"Una sola moltitudine" e "Lettere alla fidanzata"


«Omnia trina perfecta sunt» dicono i latinisti di fede cattolica. Qui invece la perfezione non si limita alla triade bensì a una moltitudine (in)definita, i cui individui, se sommati, fanno uno: "Una sola moltitudine" è difatti l’autore stesso, proprio lui, il Fernando Pessoa (1888-1935) pessimista, tediato, futurista, romantico, autolesionista, innamorato, nichilista, traduttore, misantropo, medianico, eteronimico, commerciante, nazionalista, viaggiatore, amante delle infinite cose come delle sottigliezze, che non sa stare al mondo ma che, se costretto, è luce del mattino nella folla anonima lisbonese. Pessoa è tante persone in una: da bimbo fu Chevalier de Pas, poi Álvaro de Campos, Ricardo Reis, Alberto Caeiro, Bernardo Soares ed altri, vegeti o defunti; ognuno con una propria personalità, pensieri, carattere e indole autonomi. Questo primo volume, costituito da poesie, pagine di diario, missive e appunti sparsi del grande poeta portoghese, è curato dal massimo esperto italiano di estetica pessoiana Antonio Tabucchi (1943-2012), che qui coglie il Pessoa intimo e impubblicabile, non smussato delle asprezze sintattiche e ideologiche che giocoforza spariscono alla vigilia di una stampa editoriale. Troviamo la lettera inviata nel 1917 a Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944) in cui, lodando il futurismo, se ne distacca per inseguire la Vertigine; gli scambi epistolari con l’amata bebè Ophelia Queiroz (1900-1991), completi e splendidi nelle "Lettere alla fidanzata"; troviamo il grande amore per il Portogallo dei Braganza, sconvolto nel 1910 dalla Repubblica, e per Lisbona in particolare; scopriamo tutto il suo sterco metafisico nelle locuzioni filosofiche, nell’amore per la parola pura, nell’otium trascorso a scrutare la gente comune, uomini grandi e piccoli, attori sulla scena della vita quotidiana del poeta. I molteplici Pessoa contenuti in "Una sola moltitudine" mi hanno ispirato una poesia - chi l’avrebbe mai detto? - che pressappoco fa così: «Discopro il sacro velo della conoscenza / Il miglioramento resta nell’aria a guardare / Questa ariosa altalena sulla preesistenza / Turpe girotondo di alveari e rumori / Se aggiungo qualcosa sottraggo all’assenza / Lo spirito lieve della montagna che aspetta / Trovo commensurate boria e competenza / Freddo vento glaciale che la mia lei non accetta / Dunque sono sparito nel candore del mondo / Prima svergognato, ora amato in più fretta / Lo ripeto da secoli, abbiamo toccato il fondo / Dell’oceano e del fango: nessuno che mi dia retta / Guardo adesso le storie intrecciate in ricamo / Di chi aveva già tutto e ha voluto partire / Sono stato già santo eppur non mi amo / Cerco adesso il vicario che mi lasci morire». È impossibile, dunque, non trovare qualche punto di contatto, fosse anche empatico, o di vera e propria comunanza con questo artista della parola: Fernando Pessoa uno, trino e per sempre vivente.

Fernando Pessoa (1979), Una sola moltitudine. Volume primo, a cura di A. Tabucchi, trad. di A. Tabucchi, M.J. de Lancastre & R. Desti, Adelphi, Milano, pp. 445
Fernando Pessoa (1988), Lettere alla fidanzata, a cura di A. Tabucchi, Adelphi, Milano, pp. 124




Nessun commento:

Posta un commento