domenica 25 gennaio 2015

"Una famiglia di patrioti"


Si sente dire da più parti, a mo’ di rimprovero, nei salotti televisivi, nelle università, nelle chiese, in famiglia, che i valori sono andati perduti. Quel che non si sente dire è a quali valori si fa riferimento. Uno di questi è certamente la modestia, in un mondo sovrastato dalla necessità di specializzarsi, dove ognuno è esperto di qualcosa e su quel qualcosa non intende sentir ragione ulteriore. Questo imperativo sociale è ben condensato nell’ormai celebre battuta de "La grande bellezza": «È così triste essere bravi… si rischia di diventare abili». Ciò apparirà ancor più vero dopo aver letto "Una famiglia di patrioti" (1927) di Benedetto Croce (1866-1952). L’autore presenta in questo libro le diverse anime della famiglia Poerio e come queste abbiano, ognuna a modo suo, aiutato e difeso la causa italiana. Di tutti i ritratti eseguiti dal Croce, a colpire maggiormente la sensibilità è quello di Carolina Sossisergio (1778-1852), madre di Alessandro Poerio (1802-1848), donna di intenso afflato patriottico. In una lettera inviata al generale Guglielmo Pepe (1783-1855) in vista della pubblicazione del suo libro sulla campagna del 1848-49, nel quale il militare avrebbe certamente reso gloria al caduto Alessandro, donna Poerio prega Pepe di non esagerare sulle virtù del figlio ed anzi lo invita a non attribuire un’immeritata lode al figlio «che nulla fece di grande fuorché immolarsi alla causa che aveva sposata». Se andiamo a confrontare le austere ma nobilissime parole di Carolina Poerio con quelle di un qualsiasi necrologio odierno, notiamo una notevole distanza in termini di modestia: dove prima predominava l’umile e devota riconoscenza al defunto, cercando quindi di edulcorarne gli altissimi meriti (pur in presenza d’una piissima famiglia), oggi predomina una totale assoluzione di qualsiasi nefandezza compiuta in vita. Dopo la morte di una celebrità, alle cerimonie funebri, nei telegiornali, tra la gente comune, si sente parlare del defunto in termini eccellentissimi, riverenti e deferenti, come se il vuoto lasciato dal morto fosse davvero incolmabile da altro essere umano. Suvvia signori, nessuno vale più di quel che è! Ed allora cerchiamo di riscoprire il sacro valore della modestia, senza urlare più degli altri, senza l’agonismo delle specializzazioni, senza la rincorsa alle onorificenze. Come dice una massima del poeta latino Giovenale: «Rara est adeo concordia formæ atque pudicitiæ».

Benedetto Croce (2010), Una famiglia di patrioti. I Poerio, a cura di G. Galasso, Adelphi, Milano, pp. 179

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