mercoledì 8 luglio 2015

"Futilità" e "La sovrana"


La rivoluzione, la libertà, l’uguaglianza, tutte cose molto belle già per il semplice fatto di nominarle. In realtà l’avvento di cambiamenti così drastici all’interno di una società iniqua, se da una parte assicura maggiori diritti a classi sociali via via più estese, dall’altra esautora e svilisce - più spesso abbatte o massacra - le classi che rappresentavano quella stessa società. E non intendiamo qui soltanto i sovrani o gli aristocratici o gli sfruttatori, ma anche e soprattutto la piccola e media borghesia che, come nel caso russo all’indomani della rivoluzione d’Ottobre, andò incontro alla rovina più nera. Nell’occidente abbacinato dal mito della rivoluzione bolscevica sono tantissimi i riferimenti letterari a quel mondo utopico e reale a un tempo, come se l’URSS fosse un Bengodi socialista per il corpo e lo spirito; tuttavia dalla Russia stessa cominciarono a provenire, nell’era della distensione crusceviana, le prime legittime rimostranze verso lo stato totalitario e lo strumento da esso utilizzato per garantire la pace sociale: il gulag. Fra questi due antipodici fuochi v’è un misconosciuto scrittore inglese nato a San Pietroburgo, William Gerhardie (1895-1977), che ha raccontato la Russia sovietica negli occhi di un imprenditore minerario e di come i bolscevichi lo abbiano praticamente messo in mutande. "Futilità" (1922), lo dice il titolo, è proprio l’atteggiamento di questa famiglia - allargata all’inverosimile, poiché tutti dipendono dal reddito del capofamiglia - vieppiù attaccata alle insulsaggini borghesi, a quelle sacrosante futilità che la collettivizzazione ha sradicato. È come se la rivoluzione leninista abbia sacrificato sull’altare dell’eguaglianza il diritto ad essere banali, soddisfatti, realizzati. La vita degli esuli russi in terra di Francia è invece il nucleo narrativo de "La sovrana" (1932) di Nina Berberova (1901-1993), anch’ella pietroburghese. La famiglia ritratta dalla Berberova è diventata già una cellula sociale spaiata, le cui futilità sono le stesse di oggi: l’amore, l’università, la carriera, la convivenza, i rapporti familiari. Le vite raccontate in questi due libri non sono fotoromanzi tant’è che non terminano all’ultima pagina. Gerhardie e la Berberova ci forniscono gli elementi per cercare di comprendere, ci offrono un assaggio di cosa sono stati i russi e la Russia al di là d’ogni stereotipo. A noi, a voi, sta la possibilità di farsi un’opinione.

William Gerhardie (2003), Futilità, trad. di G. Celati, Adelphi, Milano, pp. 231
Nina Berberova (1996), La sovrana, trad. di M. Calusio, Adelphi, Milano, pp. 134


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