mercoledì 1 luglio 2015

"Il dottor Semmelweis" e "La persuasione e la rettorica"


Quello accademico è un percorso che tutti dovrebbero fare, qualsiasi strada vogliano intraprendere in futuro. Oltre alla certificazione di determinate specializzazioni, esso permette di aprire la mente ai problemi circostanti, rifuggendo semplificazioni, banalizzazioni ed astrazioni. Ma l’università, a ben vedere, non è per tutti: non è una questione di intelligenza ma di applicazione, metodo e serietà. E non tutti, ahimé, possiedono - o vogliono possedere - queste virtù. Alla fine di ogni corso universitario c’è il momento impegnativo e felice della compilazione d’una tesi su un argomento specifico, da svolgere su indicazione e sotto l’egida di un professore ordinario. Ma cos’ha in comune Adelphi con Louis-Ferdinand Céline (1894-1961) e Carlo Michelstaedter (1887-1910)? Molto, poiché tra il 1975 e il 1982 ha pubblicato le rispettive tesi di laurea dei due scrittori. Quella di Céline (1924), studente di medicina, era incentrata sulla figura di Ignác Semmelweis (1818-1865); quella di Michelstaedter (1910), studente di lettere, sui concetti di persuasione e retorica in Platone e Aristotele. Prima dell’apoteotico "Viaggio al termine della notte(1932) e prima ancora dei pamphlet antisemiti, Céline si occupò di colui che, con una semplice ma geniale intuizione, rivoluzionò l’ostetricia, lasciandoci un ritratto impietoso di ciò che dovevano essere in un passato non troppo remoto i reparti ospedialieri tra le cui mura le donne gravide morivano come niente fosse, per stupide infezioni dovute alla scarsa igiene dei dottori. Semmelweis pensò giustamente di obbligare tutti gli ostetrici a disinfettare accuratamente le mani prima di ogni parto: inutile dire che da allora la mortalità infantile e quella delle puerpere si è drasticamente ridotta. Michelstaedter, a differenza di Céline, non discusse mai la sua tesi poiché, non appena terminatane la stesura, si sparò. Uomo inquieto, ha riversato in questo folgorante scritto tutta l’incapacità di superare la rettorica, quell’insormontabile cumulo di historia oltre il quale v’è, magnifica e inoppugnabile, la persuasione, ovvero la completezza, la vera libertà, il nirvana. "Il dottor Semmelweis" e "La persuasione e la rettorica" sono i rispettivi autoscatti di due falliti, antieroi del pensiero, fotografati nel periodo della giovinezza, quando le forze fisiche e intellettuali, nella maggior parte delle persone, stanno pian piano prendendo vigore. In loro due, queste forze erano già esplose, come una biglia che, dall’alto d'un piano inclinato, ha raggiunto il massimo dell’energia cinetica e non attende altro che terminare la sua folle corsa.

Louis-Ferdinand Céline (1975), Il dottor Semmelweis, trad. di O. Fatica & E. Czerkl, Adelphi, Milano, pp. 134
Carlo Michelstaedter (1982), La persuasione e la rettorica, a cura di S. Campailla, Adelphi, Milano, pp. 212


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