mercoledì 5 agosto 2015

"Dieci"


Uno dei punti più trasversali dell’Antico Testamento è quello riguardante i dieci comandamenti. Cristiani ed ebrei, atei ed agnostici, teologi ed esegeti, anticlericali ed anarchici, ognuno ha trovato qualcosa da imparare, secondo una propria interpretazione, dalla storia delle tavole della legge dettate direttamente da Dio a Mosè sul monte Sinai. Una delle esposizioni più affascinanti mi è sempre parsa quella di Fabrizio De André (1940-1999) nella celebre "Il testamento di Tito" (1970) dove il cantautore genovese dà voce al ladrone Dismas che, condividendo l’agonia con Nostro Signore, dichiara di aver trasgredito tutti i comandamenti divini senza tuttavia aver mai procurato dolore. Il brano deandreiano si conclude così: «Io nel vedere quest’uomo che muore, / madre, io provo dolore. / Nella pietà che non cede al rancore, / madre, ho imparato l’amore». Se nella versione biblica i comandamenti sono utilizzati come regola minima per la società, in quella di De André le dieci leggi hanno un esito di redenzione e lasciano trasparire la speranza di una qualche salvezza per il malfattore di turno. Ora abbiamo anche quella di Andrej Longo, scrittore ischitano classe '59, che in "Dieci" romanza altrettante storie di vita quotidiana nella Napoli odierna: su tutte regnano incontrastati il crimine, la miseria, l’illegalità, il vizio, la prevaricazione, il misfatto. L’esegesi laica di Longo è, ahimé, priva di salvazione. I suoi personaggi sguazzano nella malavita e, se pure tentano di sfuggire al destino criminoso, ne vengono prima o poi risucchiati dentro: il giovanotto per difendere la fidanzata, il cantante neomelodico per aver sognato troppo, il ragazzino per concludere l’agonia della mamma, il cameriere disgraziato che non si decide mai, e poi il ladruncolo, il boss di quartiere o la ragazza che va ad abortire. Tutta un’umanità che fa i conti con i propri problemi e con l’ambiente in cui vive, ma soprattutto col prossimo che, a quanto pare, è lontano anni luce dalle formule che le religioni del mondo hanno cercato di far valere. Un'umanità che sembra davvero un unico enorme cumulo di monnezza, un letamaio dal quale - De André ci scuserà - non fiorisce un bel niente.

Andrej Longo (2007), Dieci, Adelphi, Milano, pp. 144

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