mercoledì 12 agosto 2015

"Tecnica del colpo di Stato"


La destra italiana, a dispetto di molte altre realtà europee, affonda le proprie radici culturali e politiche in un vastissimo panorama di intellettuali che, già prima dell’unificazione italiana, produceva un copioso scambio di idee, arti e proposte. I conservatori erano coloro che intendevano mantenere vivi i valori secolari della propria civiltà: la res publica romana, la cultura cristiana dei conventi benedettini, l’estetica rinascimentale, la flemmatica magnificenza borbonica o il nazionalismo sabaudo che portò all’unità d’Italia. Essere conservatori significava soprattutto riconoscere la disuguaglianza dei cittadini, per cui ogni individuo, in base alle proprie attitudini, al proprio talento e alle proprie capacità, percorreva una strada tutta sua, sulla quale gli sarebbero stati riconosciuti i meriti. Ai più deboli avrebbe pensato lo Stato, primo e ultimo erogatore di diritti e doveri. Seppur sintetizzata così malamente, la destra appariva un’area di pensiero talmente interessante da rendere fisiologico al suo interno il dialogo. Oggi invece sembra un deserto di sale, una tundra abitata da goffi esemplari di homo erectus, le cui proposte politiche raramente vanno al di là della lotta all’immigrazione, della millantata difesa del made in Italy, del sostegno alle attività imprenditoriali, della deregulation, della strenua difesa degli interessi ecclesiastici e, ovviamente, della venerazione del capo. La destra italiana è la supina accettazione degli ordini provenienti da personaggi politici di dubbio valore e di ancor più dubbia onestà, quantomeno intellettuale. Si ha oggi l’impressione che sia andato perduto tutto quel che di culturalmente valido c’era nel conservatorismo italiano del Novecento. Questo ha infatti assunto due principali direttrici ideologiche, legate a due diversi ventenni: la prima è quella meramente nostalgica, la seconda è quella berlusconiana. In entrambi i casi appare chiaro che la destra italiana è irrinunciabilmente legata al culto delle personalità di Mussolini e Berlusconi. L’unica eccezione, che ci saremmo volentieri risparmiati, è la destra leghista, ovvero un minestrone di xenofobia, regionalismo ed ignoranza. Eppure, fu quando lessi "Tecnica del colpo di Stato" (1931) di Curzio Malaparte (1898-1957) che capii che la destra era soprattutto qualcosa di rivoluzionario, non di reazionario o conservatore, e fu allora che smisi di definirmi uomo di destra.

Curzio Malaparte (2011), Tecnica del colpo di Stato, a cura di G. Pinotti, Adelphi, Milano, pp. 270

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