giovedì 6 agosto 2015

"Vite di Paolo, Ilarione e Malco"


Agli albori del cristianesimo tre eremiti d’oriente, Paolo, Ilarione e Malco, hanno vissuto Dio con esasperante misticismo, leggenda e totale distaccamento dalle passioni terrene. Terminato il Medioevo, in pieno Seicento, troviamo invece Giuseppe da Copertino (1603-1663), vero anticipatore di quella estetica dell’oltre che tanto fortemente sta segnando l’epoca nostra. Il religioso visse una mistica profondissima che lo portò all’estasi ripetute volte; cominciò con la levitazione e giunse a compiere voli, tanto da meritarsi il patronato degli aviatori. Ma Giuseppe è anche qualcosa di più. Al di là della mera prestidigitazione religiosa, il santo venerò e fu venerato in modo fanatico. La sua adorazione per la Madonna lo spinse a desiderare così tanto una Sua icona per il convento in cui viveva che quando la ebbe tra le mani la distrusse, consapevole ormai che venerava più il feticcio che non la Madonna stessa. Esempio, dunque, di grande rigore religioso, ma anche di gretta iconoclastia. Alla sua morte, d’altronde, il corpo venne subdolamente esposto al pubblico e la calca giunta in cattedrale per vederlo o toccarlo fu tale che scoppiò un incendio, tanto che quel ludibrio funebre si trasformò in una carneficina umana: il contenitore terreno di Giuseppe da Copertino si salvò miracolosamente eccetto un dito e il cuore, asportati da qualche fanatico di reliquie. La sua intera parabola è quindi da ascrivere pienamente alla fenomenologia religiosa, ma in essa si trovano alcune importanti similitudini con l’esaltazione dei simulacri odierni, siano essi rockstar, opere d’arte, religioni e ideologie, informazioni in broadcasting. Non v’è forse lo stesso fanatismo iconoclasta dietro le morti di Michael Jackson, Amy Winehouse o Whitney Houston? Non v’è forse quella stessa ferrea e ostinata e medievale credenza nelle notizie provenienti da internet? Non v’è forse la stessa feroce bestialità dietro gli scempi mediatici di Novi Ligure, Cogne, Avetrana o Garlasco? Non v’è forse lo stesso fanatismo vecchio di millenni dietro gli attacchi kamizake e le disumanità dell’ISIS? Da come la storia sembri ripetersi e con quale sorprendente periodicità, si potrebbe giungere alla conclusione che la storia stessa nemmeno esista. E allora bisognerebbe capire che è la materia umana a reiterarsi nel tempo, simile a se stessa dai secoli dei secoli, da (per) sempre. Giuseppe da Copertino non ebbe mai l’accortezza di distinguere il falso dal vero, per via della sua mistica cristallina, in un’epoca in cui il figlio del contadino era contadino e quello del conte, per sillogismo, conte. Figuriamoci poi se Dio non manteneva le promesse e non concretizzava le minacce iscritte nei libri sacri! Oggi, abbandonata l’irrazionalità tipica dei monoteismi, come i tre monaci raccontati da san Girolamo - che non si lasciavano tentare dalle meretrici - si dovrebbero riportare il gusto e l’estetica ad Eros, piuttosto che proseguire sulla strada del porno. Se la misura delle cose non verrà ricercata alla svelta sarà legittimo pensare che questa civiltà, la nostra, sia davvero giunta all’ultima stazione.

San Girolamo (1975), Vite di Paolo, Ilarione e Malco, trad. di G. Lanata, Adelphi, Milano, pp. 146

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